Ogni qual volta ci troviamo a condannare la violenza sulle donne ribadiamo che fertile humus di questa piaga sono i luoghi comuni e le offese sessiste verso di loro.
Quando queste offese avvengono addirittura sulle reti pubbliche televisive lo sconforto ci dovrebbe sgomentare.
L’ennesimo triste esempio è di pochi giorni fa, allorquando nel corso della trasmissione “Unomattina”, su RAI 1, l’opinionista Alan Friedman, collegato via Skype per commentare l’addio di Trump alla Casa Bianca, aveva definito la moglie Melania come una “escort”.
Affermazione, purtroppo accompagnata da qualche risatina in studio.
Non si possono più tollerare questi atteggiamenti, così come non è accettabile che la differenza di opinioni e di pensiero possa in alcun modo costituire un’attenuante alla volgarità.
Un insulto sessista è una canagliata, che sia diretto a Melania Trump, a Teresa Bellanova, a Laura Boldrini, a Giorgia Meloni o alla cassiera del bar sotto casa!
Concordo pienamente con quanto scritto da Mara Carfagna: “Garbo e rispetto sono, innanzitutto, un obbligo dell’educazione, quella che ci hanno insegnato le nostre madri e le nostre nonne: la cosa più tradizionale e identitaria che io possa immaginare, la più popolare che mi venga in mente. Ma, oggi, il rifiuto interiore del sessismo – quello che dovrebbe impedire di far commenti sulle donne come i vecchi pappagalli a bordo strada – dovrebbe essere anche precondizione di ogni impegno politico e giornalistico”.
Mi aspetto che la RAI, in ossequio al suo ruolo di servizio pubblico, si astenga per un lungo periodo dall’invitare tale presunto opinionista nelle proprie trasmissioni.
Melania Trump non è una “escort”, ma più semplicemente la moglie di Donald Trump.
Così come Friedman non è un opinionista, ma più semplicemente un poveraccio.
