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Una strategia per il futuro

Si è conclusa nei tempi stabiliti l’evacuazione – ma forse sarebbe meglio chiamarla fuga – delle truppe americane dall’Afghanistan, insieme a quella dei militari degli altri paesi occidentali che avevano collaborato.
Nel corso di un discorso alla nazione il Presidente Biden ha dichiarato che “l’evacuazione è stata un successo straordinario”.
Ma la decisione di abbandonare a se stessa una popolazione è stata una scelta altrettanto straordinaria?
Su questo argomento, nei giorni scorsi, Tony Blair, già premier laburista della Gran Bretagna e figura imponente del riformismo del secolo scorso, ha pubblicato un interessante intervento sul sito della Fondazione “Tony Blair Institute for Global Change”.
L’apertura stessa dell’articolo è un assunto perfetto di quanto accaduto: “L’abbandono dell’Afghanistan e del suo popolo è tragico, pericoloso, inutile, non nel loro interesse e non nel nostro”.
Chiaro ed esaustivo.
Successivamente Blair pone una serie di quesiti sui quali, nelle prossime settimane, sarà opportuno riflettere a fondo: “All’indomani della decisione di restituire l’Afghanistan allo stesso gruppo da cui è scaturita la carneficina dell’11 settembre, e in un modo che sembra quasi progettato per ostentare la nostra umiliazione, la domanda posta da alleati e nemici allo stesso modo è: l’Occidente ha perso la sua volontà strategica? Ovvero: è in grado di imparare dall’esperienza, pensare strategicamente, definire i propri interessi e su questa base impegnarsi? Il lungo termine è un concetto che l’Occidente è ancora in grado di afferrare? La natura della sua politica è ancora compatibile con l’affermazione del tradizionale ruolo di leadership globale?”.
L’alleanza occidentale intervenne nel territorio afghano, non scordiamolo, a seguito del rifiuto dei Talebani di interrompere la protezione sino ad allora concessa al gruppo terroristico di al Qaida, autore dell’attacco alle Torri Gemelle che causò oltre tremila vittime.
In seguito, soprattutto dopo l’uccisione del suo leader Osama Bin Laden, la missione assunse progressivamente una diversa attenzione alle necessità della popolazione afghana. Si creò un impegno a trasformare l’Afghanistan da un santuario terrorista fallito in una democrazia funzionante: ancora embrionale ma in via di ripresa. Un’ambizione forse un po’ temeraria, ma dotata di una indiscutibile nobiltà e, comunque, figlia di una strategia.
Ben diversa da una strategia è stata la decisione del ritiro: semplicemente la concretizzazione di una decisione politica basata su meri sondaggi demoscopici. Figlia di una obbedienza a uno slogan politico populistico sulla fine delle “guerre per sempre“, come se il nostro impegno nel 2021 fosse lontanamente paragonabile al nostro impegno di 20 o addirittura dieci anni fa, considerando che il numero delle truppe era diminuito al minimo e nessun soldato alleato aveva perso la vita in combattimento per 18 mesi.
Ci ricorda ancora Tony Blair a proposito della fuga: “Lo abbiamo fatto nella consapevolezza che, sebbene immensamente fragili, negli ultimi 20 anni ci sono stati reali miglioramenti. E chiunque lo contesti, legga i lamenti strazianti di ogni segmento della società afghana su ciò che temono sarà perduto. Miglioramenti nel tenore di vita, nell’istruzione, in particolare delle ragazze, nella libertà. Non ancora quello che volevamo. Ma neppure niente. Qualcosa che valeva la pena difendere. Valeva la pena proteggere. Lo abbiamo fatto quando i sacrifici delle nostre truppe avevano reso quelle fragili conquiste qualcosa che era nostro dovere preservare. Lo abbiamo fatto quando l’accordo del febbraio 2020, a sua volta pieno di concessioni ai talebani, era stato violato quotidianamente. Lo abbiamo fatto mentre ogni gruppo jihadista in tutto il mondo esultava”.
Credo che il vulnus principale di questa debacle sia la perdita assoluta di ogni credibilità da parte del mondo occidentale e della sua cultura e tradizione democratica.
Chiunque abbia preso impegni con i leader occidentali li considererà comprensibilmente una valuta instabile”, dice ancora Blair.
Ma – quel che è peggio – abbiamo perso ogni credibilità nei confronti delle popolazioni che aspirano a liberarsi da un barbarico medioevo.
In un’intervista concessa a un giornalista del quotidiano “Il Foglio”, lo scrittore afghano Ali Eshani, che ora risiede in Italia. afferma: “Tutto il progresso afghano è stato possibile solo grazie alla presenza occidentale. Ci sono donne che hanno iniziato a fare le parrucchiere, che sono diventate giornaliste e medici. Che hanno studiato. Ora stanno chiudendo tutto. I Talebani ammazzeranno anche le parrucchiere. Non dovevano lasciare l’Afghanistan. Chi si fiderà più dell’America? Tanti afghani mi dicono che sono stati abbandonati. I giovani erano tutti contenti della presenza occidentale!“.
Credo che le prossime debbano essere settimane dense di riflessione e di analisi.
Una traccia per queste riflessioni è indicata nel citato scritto di Tony Blair: “Se l’Occidente vorrà portare nel 21° secolo i propri irrinunciabili valori, ci vorrà impegno. Tra alti e bassi. Quando è difficile oltre che quando è facile. Occorre fare in modo che gli alleati abbiano fiducia e che gli avversari siano prudenti. E’ necessario accumulare una reputazione per la costanza e il rispetto dell’orizzonte dei valori e per l’abilità nella sua attuazione. E’ opportuno che una parte della destra politica capisca che l’isolamento in un mondo interconnesso è controproducente e che una parte della sinistra accetti l’idea che l’intervento a volte può essere necessario per sostenere i nostri valori”.
Da queste riflessioni e dalle scelte che ne scaturiranno dipenderà la visione che il mondo ha di noi e la nostra visione di noi stessi.

Foto del “Corriere della Sera”

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Libertà?

Non pensavo di scrivere in merito alle manifestazioni di questi giorni contro il cosiddetto green pass.
La mia cultura personale, saldamente formatasi e costantemente irrigata dal pensiero democratico, liberale e progressista, mi ha sempre indotto a rispettare ogni manifestazione di dissenso quale libera estrinsecazione della propria opinione.
Tuttavia quanto occorso recentemente si pone oggettivamente all’esterno del lecito dissenso correttamente posto.
Vi sono stati, certamente, tentativi di strumentalizzazione. Abbiamo visto simboli e stendardi di Forza Nuova e Casa Pound affiancarsi a bandiere anarchiche e dei centri sociali. Nihil sub sole novum. Queste formazioni di opposta origine si odiano (forse!) ma sempre sono pronte ad affiancarsi nel cavalcare rabbia e malcontento nel tentativo (quasi sempre vano!) di farsene portavoce.
Ben più inquietante, invece, è la foga e la violenza verbale – e talora non solo verbale – che ha contraddistinto il manifestare chiassoso di coloro che pure non si sono fatti abbindolare dai patetici pifferai degli opposti estremismi.
Si pone un duplice livello di analisi: legale e sostanziale. Che l’introduzione del green pass non sia uno sfregio alla costituzione è stato ampiamente illustrato. Per questo non approfondisco il tema. Invito semmai alla lettura del divertente articolo del prof. Alfonso Celotto “Diventa anche tu un no casc” pubblicato sull’edizione odierna del quotidiano “La Ragione”, un giornale che può essere letto gratuitamente su internet (https://laragione.eu/) o acquistato in edicola al prezzo di 50 centesimi.
Ma vi è un aspetto sostanziale, come detto, molto più preoccupante.
Pur ammettendo che vi siano rispettabili posizioni di dubbio e financo di dissenso che amerebbero manifestarsi in un sereno ed educato confronto, ciò che lascia attoniti è il vociare violento dei manifestanti: un che di nichilista e rabbioso.
Non si odono posizioni costruttive di alternativa, poiché si tende a sommergere le piazze con un compulsivo quanto vuoto urlo di “Libertà! Libertà”.
Pare di udire le piazze di pochi anni fa, che riempivano l’aria dell’urlo “Onestà! Onestà”, contribuendo al successo di un partito che, lucrando sulla rabbia anti-partitica e anti-potere, ha fatto proprio della conquista del potere e della permanenza al governo a qualunque costo il proprio tratto distintivo.
Esprimendo un Presidente del Consiglio che non si è fatto scrupolo alcuno a guidare dapprima un governo completamente orientato a destra e quindi, con impeccabile trasformismo, un governo a trazione diametralmente opposta. E che avrebbe proseguito a farlo con Lello Ciampolillo e con l’accozzaglia di tutti i fuoriusciti da ogni partito, se il Presidente Mattarella non avesse diversamente guidato le cose.
Con buona pace di giornalisti come Travaglio, che fanno del livore il loro tratto caratteristico e che si esprimono spesso con quelli che l’edizione odierna de “Il Foglio” definisce semplici “rutti” meritevoli di sonore “pernacchie”.
Ma ancora peggio è assistere all’inaudito sfoggio di simbologie richiamanti pagine orribili della nostra storia recente. L’assimilazione del green pass all’eugenetica nazista verso gli ebrei, in una sorta di shoah nei confronti dei no-vax, ovvero la presunta analogia di tale strumento all’introduzioni delle leggi razziali determinano l’inesistenza anche del livello più infimo del quoziente intellettivo e, soprattutto, della visione etica e morale del mondo. Ci si pone al di fuori da ogni possibilità di civile dialogo.
Chissà se i facinorosi manifestanti hanno pensato – per un attimo solo – alle vittime dell’epidemia, alle colonne di camion militari carichi di bare e, soprattutto, al dolore delle famiglie che hanno perso i loro cari senza neppure poterli avere accanto negli ultimi istanti.
Perché in fondo se senza misure di cautela rischiassero la vita soltanto gli scalmanati delle piazze si potrebbe anche assecondare il loro pensiero, agevolando una sorta di darwiniana selezione naturale che porterebbe soltanto bene all’umanità.
Purtroppo le conseguenze di cedimenti in tema di green pass e di campagna vaccinale sarebbero pagate anche da altri: gli anziani non ancora vaccinati e coloro che non possono farlo per motivi di salute in primis
Ma il dramma coinvolgerebbe anche la nostra disastrata economia, passibile di nuove e devastanti chiusure. Voglio citarvi alcune parole senz’altro condivisibili: “Il certificato verde segna un primo passo verso la definitiva eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione che tanto hanno danneggiato la nostra economia. E voglio rassicurare sul diritto dei cittadini alla non discriminazione”.
Non sono parole di Draghi né di altri esponenti del governo. Sono affermazioni di Giorgia Meloni del 19 marzo 2021. Parole di una leader politica che stimo essere una donna intelligente ma che troppo spesso si lascia trascinare da una “tattica” da bar sport rispetto ad un’autentica “strategia”, non riuscendo a dar vita a una destra moderna ed europea e restando quindi invischiata in un’area di vaga opposizione casinista e al limite del cialtronaro.
Applichiamo quindi le disposizioni sul green pass, in attesa di estenderle in misura massiccia anche al mondo del lavoro. Sono l’unica strada verso la libertà, quella vera: la libertà dall’isolamento, dalla malattia, dalla crisi economica e dalla morte.
E se qualcuno dovrà rinunciare a una pizza o a un Margarita perché non vaccinato non credo sia un grave problema. La libertà è altro.
E pensare che avremmo dovuto uscirne migliori!

Foto “Repubblica”