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Summum ius, summa iniuria

Il 23 maggio 1992 ha premuto il pulsante che ha fatto esplodere l’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi con Palermo, uccidendo Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Ha strangolato con le sue mani e poi sciolto nell’acido il tredicenne Giuseppe Di Matteo, che aveva visto crescere e con il quale aveva “giocato alla playstation”.
Lui stesso non ha saputo quantificare ai magistrati il numero preciso delle sue vittime: “Molte più di 100, ma meno di 200: forse 150”.
Si tratta di Giovanni Brusca, boss della mafia corleonese, soprannominato “U verru” (il maiale) o anche “scannacristiani”. Brusca, dopo poco meno di 25 anni di detenzione, è tornato ieri in libertà per fine pena e posto sotto protezione da parte della polizia di stato.
Va detto: il rilascio è avvenuto nel rispetto delle norme vigenti.
In forza della normativa sui pentiti considerati attendibili, peraltro fortemente voluta, per ironia della sorte, dallo stesso Giovanni Falcone ma approvata solo dopo la sua morte, Brusca è stato condannato a 30 anni.
Con la liberazione anticipata che si applica a tutti i detenuti — 45 giorni di sconto ogni sei mesi passati in cella, unico beneficio concesso anche ai mafiosi — sono diventati venticinque. Con un ulteriore premio per buona condotta e per il comportamento corretto tenuto negli oltre 80 permessi premio ottenuti in questi anni, ieri per Brusca si sono aperte definitivamente le porte del penitenziario.
E’ vero: la legge è stata rispettata. Tuttavia vi è qualcosa che turba profondamente tutti noi.
Nonostante il pentimento giudicato credibile di Brusca, infatti, la stessa strage di Capaci, come abbiamo visto pochi giorni fa, resta densa di misteri e di fatti mai chiariti.
Da un punto di vista sostanziale, inoltre, non posso che essere turbato dal fatto che l’autore della strage di Capaci e di un numero tale di omicidi e infanticidi da non riuscire a ricordarne il numero (“Molti più di 100, ma meno di 200: forse 150”) possa essere oggi libero e sotto protezione.
Diceva Terenzio: “ius summum saepe summa est malitia”, ossia somma giustizia è spesso somma malizia.
E Cicerone, con una frase ancora più celebre, affermava “summum ius, summa iniuria”, con ciò intendendo che l’applicazione rigida di una norma può diventare un’ingiustizia.
Oggi è successo questo.

Testo tratto dal libro di Saverio Lodato “Ho ucciso Giovanni Falcone” – Mondadori