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Libertà?

Non pensavo di scrivere in merito alle manifestazioni di questi giorni contro il cosiddetto green pass.
La mia cultura personale, saldamente formatasi e costantemente irrigata dal pensiero democratico, liberale e progressista, mi ha sempre indotto a rispettare ogni manifestazione di dissenso quale libera estrinsecazione della propria opinione.
Tuttavia quanto occorso recentemente si pone oggettivamente all’esterno del lecito dissenso correttamente posto.
Vi sono stati, certamente, tentativi di strumentalizzazione. Abbiamo visto simboli e stendardi di Forza Nuova e Casa Pound affiancarsi a bandiere anarchiche e dei centri sociali. Nihil sub sole novum. Queste formazioni di opposta origine si odiano (forse!) ma sempre sono pronte ad affiancarsi nel cavalcare rabbia e malcontento nel tentativo (quasi sempre vano!) di farsene portavoce.
Ben più inquietante, invece, è la foga e la violenza verbale – e talora non solo verbale – che ha contraddistinto il manifestare chiassoso di coloro che pure non si sono fatti abbindolare dai patetici pifferai degli opposti estremismi.
Si pone un duplice livello di analisi: legale e sostanziale. Che l’introduzione del green pass non sia uno sfregio alla costituzione è stato ampiamente illustrato. Per questo non approfondisco il tema. Invito semmai alla lettura del divertente articolo del prof. Alfonso Celotto “Diventa anche tu un no casc” pubblicato sull’edizione odierna del quotidiano “La Ragione”, un giornale che può essere letto gratuitamente su internet (https://laragione.eu/) o acquistato in edicola al prezzo di 50 centesimi.
Ma vi è un aspetto sostanziale, come detto, molto più preoccupante.
Pur ammettendo che vi siano rispettabili posizioni di dubbio e financo di dissenso che amerebbero manifestarsi in un sereno ed educato confronto, ciò che lascia attoniti è il vociare violento dei manifestanti: un che di nichilista e rabbioso.
Non si odono posizioni costruttive di alternativa, poiché si tende a sommergere le piazze con un compulsivo quanto vuoto urlo di “Libertà! Libertà”.
Pare di udire le piazze di pochi anni fa, che riempivano l’aria dell’urlo “Onestà! Onestà”, contribuendo al successo di un partito che, lucrando sulla rabbia anti-partitica e anti-potere, ha fatto proprio della conquista del potere e della permanenza al governo a qualunque costo il proprio tratto distintivo.
Esprimendo un Presidente del Consiglio che non si è fatto scrupolo alcuno a guidare dapprima un governo completamente orientato a destra e quindi, con impeccabile trasformismo, un governo a trazione diametralmente opposta. E che avrebbe proseguito a farlo con Lello Ciampolillo e con l’accozzaglia di tutti i fuoriusciti da ogni partito, se il Presidente Mattarella non avesse diversamente guidato le cose.
Con buona pace di giornalisti come Travaglio, che fanno del livore il loro tratto caratteristico e che si esprimono spesso con quelli che l’edizione odierna de “Il Foglio” definisce semplici “rutti” meritevoli di sonore “pernacchie”.
Ma ancora peggio è assistere all’inaudito sfoggio di simbologie richiamanti pagine orribili della nostra storia recente. L’assimilazione del green pass all’eugenetica nazista verso gli ebrei, in una sorta di shoah nei confronti dei no-vax, ovvero la presunta analogia di tale strumento all’introduzioni delle leggi razziali determinano l’inesistenza anche del livello più infimo del quoziente intellettivo e, soprattutto, della visione etica e morale del mondo. Ci si pone al di fuori da ogni possibilità di civile dialogo.
Chissà se i facinorosi manifestanti hanno pensato – per un attimo solo – alle vittime dell’epidemia, alle colonne di camion militari carichi di bare e, soprattutto, al dolore delle famiglie che hanno perso i loro cari senza neppure poterli avere accanto negli ultimi istanti.
Perché in fondo se senza misure di cautela rischiassero la vita soltanto gli scalmanati delle piazze si potrebbe anche assecondare il loro pensiero, agevolando una sorta di darwiniana selezione naturale che porterebbe soltanto bene all’umanità.
Purtroppo le conseguenze di cedimenti in tema di green pass e di campagna vaccinale sarebbero pagate anche da altri: gli anziani non ancora vaccinati e coloro che non possono farlo per motivi di salute in primis
Ma il dramma coinvolgerebbe anche la nostra disastrata economia, passibile di nuove e devastanti chiusure. Voglio citarvi alcune parole senz’altro condivisibili: “Il certificato verde segna un primo passo verso la definitiva eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione che tanto hanno danneggiato la nostra economia. E voglio rassicurare sul diritto dei cittadini alla non discriminazione”.
Non sono parole di Draghi né di altri esponenti del governo. Sono affermazioni di Giorgia Meloni del 19 marzo 2021. Parole di una leader politica che stimo essere una donna intelligente ma che troppo spesso si lascia trascinare da una “tattica” da bar sport rispetto ad un’autentica “strategia”, non riuscendo a dar vita a una destra moderna ed europea e restando quindi invischiata in un’area di vaga opposizione casinista e al limite del cialtronaro.
Applichiamo quindi le disposizioni sul green pass, in attesa di estenderle in misura massiccia anche al mondo del lavoro. Sono l’unica strada verso la libertà, quella vera: la libertà dall’isolamento, dalla malattia, dalla crisi economica e dalla morte.
E se qualcuno dovrà rinunciare a una pizza o a un Margarita perché non vaccinato non credo sia un grave problema. La libertà è altro.
E pensare che avremmo dovuto uscirne migliori!

Foto “Repubblica”
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La festa di tutti gli italiani

25 aprile.
Una data fondamentale per il nostro Paese.
Non solo per “qualcuno”, non per “una parte” dell’Italia. Ma una festa di tutti gli italiani, nessuno escluso; qualunque siano le proprie convinzioni.
In questo giorno non si festeggia una vittoria militare: la guerra, in Italia, terminò infatti il 3 maggio. Si festeggia una riscossa civile. Come disse Piero Calamandrei “il carattere che distingue la Resistenza da tutte le altre guerre, anche da quelle fatte da volontari, anche dall’epoca garibaldina, è stato quello di essere più che un movimento militare, un movimento civile”.
Troppo spesso, infatti, rammentiamo la Resistenza armata a scapito di quella “disarmata”, disconoscendo la dignità, la forza, la caparbietà di tanti “civili” – in gran parte donne, vecchi e bambini – che dall’entrata in guerra dell’Italia fino alla Liberazione dovettero convivere con la disoccupazione e la fame mai saziata dai razionamenti. Furono eroiche soprattutto le donne che per tanti mesi lavorarono per un salario di fame, fecero lunghe ed estenuanti code per comprare qualcosa per i propri figli a casa, sempre con la paura del successivo bombardamento notturno e con il pensiero costante al figlio o al marito in qualche lontano fronte di guerra.
Il 25 aprile si ricorda la vittoria della democrazia sull’oppressione, della dignità umana contro la barbarie della guerra, dell’occupazione e dell’odio.
Lasciatemi usare le parole di Norberto Bobbio: “eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un’anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà”.
La libertà. Ecco il valore prezioso per tutti gli italiani che si festeggia il 25 aprile!
Per questo il significato di questa ricorrenza è oggi così attuale. Perché le vittorie sbiadiscono, i successi militari si appannano. Ma la libertà è il respiro più vero della civiltà.
Non dobbiamo imbalsamare questa Festa riferendola a un preciso momento storico. Guai a cadere nella trappola della memoria fine a se stessa, della retorica scontata.
Dobbiamo fare del 25 aprile un fondamento sul quale costruire una società rinnovata, nella quale i popoli non si debbano mai più chiudere in una belligerante autarchia, ma abbiano in sé il respiro dell’universalità e della ormai inevitabile interconnessione globale. Un mondo nel quale il concetto ottocentesco di “indipendenza” si schiuda al nuovo valore dell’interdipendenza. Questa è la parola nuova in cui, se non si vuole che il domani ripeta e aggravi gli orrori di ieri, si dovrà riassumere il nuovo senso della libertà, quello da cui potrà nascere un avvenire diverso dal passato: una libertà che unisca gli individui e i popoli, che scandisca la loro dipendenza scambievole; che rivendichi una giustizia da difendere prima negli altri che in noi.
Senza giustizia la libertà è mutilata, ma senza libertà la giustizia è vuoto egualitarismo tirannico.
Resistere non è un grido contro qualcuno. È chiedere unità. È ricominciare la speranza.
Se faremo nostro questo pensiero il 25 aprile non sarà più soltanto rievocazione, ma fertile base verso rinnovati orizzonti.
Sarà, come deve essere e come è, la festa di tutti gli italiani. Nessuno escluso.
Buon 25 aprile!