Lo slogan scelto per celebrare l’odierna giornata contro la pedofilia e la pedopornografia ricorda che “la pedofilia non è amore”.
Una frase talmente ovvia da risultare scontata.
Ogni reato ci indigna. Qualcuno più degli altri, perché basato su di una violenza radicata nel pregiudizio e nella sopraffazione, come lo stupro o il femminicidio.
Ma credo che nessun altro delitto susciti in noi tanto orrore quanto la pedofilia. Sarebbe sufficiente scendere in strada e chiedere ai passanti un giudizio sull’argomento per constatare come la richiesta di cosiddette “pene esemplari” sia diffuso più che per ogni altro reato.
Eppure…
Sì, c’è un eppure. Ci deve essere, altrimenti non si spiegherebbero i dati, horresco referens, riportati in questi giorni da fonti autorevoli.
Soltanto pochi giorni fa è stata scoperta e chiusa, nel darknet, la rete “Boystown”, una piattaforma digitale pedopornografica con oltre 400 mila iscritti nel mondo. Quattrocentomila! Solo questa!
Ma la situazione è in fase di peggioramento ovunque. Il maggiore utilizzo della rete nel corso della pandemia da parte dei bambini, sia per le lezioni scolastiche in video sia per mantenere il contatto con gli amici, ha elevato di molto il rischio di finire vittime di pedofili. Secondo il “Centro nazionale per il Contrasto alla pedopornografia online” sono proprio i reati di sfruttamento sessuale dei minori commessi con social network quelli con gli aumenti percentuale più evidenti. L’adescamento online di bambini di età inferiore a 9 anni è aumentato del 372%. E questo per una fascia di età che dovrebbe essere invece sempre al sicuro, protetta e tutelata.
Una recente ricerca condotta da “L’altro diritto”, un Centro di ricerca interuniversitario su devianza e marginalità, ci conduce in impensabili abissi. Lo studio ci racconta di realtà assurde, al limite dell’inenarrabile, quale la Chiesa pedofila cristiana, dove Dio è considerato un amante dei bambini. Questa “Chiesa” ha creato un sito dove “si ringrazia Dio per aver concesso delle relazioni intense con i minori”.
Oppure una associazione di donne pedofile, guidata da una 37enne belga, sposata con figli, e una olandese 46enne anch’essa madre. Le componenti di questa associazione (“all’infamia”, mi sentirei di dire, perché “a delinquere” è troppo poco!) rivendicano il diritto di poter vivere esperienze di relazioni sessuali con i bambini. Poiché il rapporto sessuale con un ragazzo preadolescente è fisicamente difficile, le donne pedofile utilizzerebbero ormoni o droghe che, iniettati nei testicoli di bambini di 6-7 anni, permetterebbero che l’unione sessuale avvenga con pieno soddisfacimento.
Nauseati? Anch’io.
In Olanda, nel 2005, è addirittura sorto un “partito dei pedofili”, denominato Nvd, abbreviazione in olandese di Carità, Libertà e Diversità. La loro tesi fondamentale è che devono essere i bambini stessi a decidere quando cominciare a fare sesso. Anche il resto del “programma politico” è un cumulo di follia criminale: “i bambini possono votare a partire da dodici anni. Fumare, fare scommesse e bere alcool è legale a partire da dodici anni. L’educazione sessuale anche pratica va fatta a partire dall’asilo”.
In tale occasione l’astronauta e astrofisico italiano Umberto Guidoni, allora Europarlamentare, rivolse una interrogazione alla Commissione europea invocando provvedimenti.
Quali misure per eliminare il fenomeno?
In alcuni Paesi, come Germania, Svezia, Danimarca, Norvegia e Francia, si usa la cosiddetta “castrazione chimica”. Si tratta della somministrazione di alcune sostanze che inibiscono la libido, evitando quindi il sorgere di pulsioni sessuali.
Ma si tratta di un rimedio temporaneo: cessata la somministrazione cessa l’effetto. Per di più, anche in corso di somministrazione, magari sotto il controllo delle autorità, gli effetti possono essere annullati mediante l’assunzione di farmaci ad azione opposta, quale – per esempio – il Viagra.
Anche secondo lo studio di un’Equipe dell’Istituto Mario Negri di Milano non vi è alcuna certezza che la castrazione chimica possa avere effetti veramente disincentivanti sulla violenza sessuale. Lo stesso Silvio Garattini, direttore dell’Istituto, notava che il problema della pedofilia nasce nella psiche di una persona, più ancora che non nei suoi livelli di testosterone.
Che fare, quindi? Immagino, per ora, la soluzione più semplice ma non per questo meno efficace.
Innanzitutto la prevenzione, che comporta anche informare i piccoli del pericolo.
Poi occorre destinare più uomini, soldi e tecnologie alle strutture di indagine sul problema.
Infine, ultimo ma non per importanza, il carcere duro per i pedofili, con misure di aggravamento della detenzione simili a quelle indicate nell’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario.
Perché la pedofilia non è mai amore, ma solo orrore.









